
Siamo poi partiti da Oslo in macchina dirigendoci verso il Telemark. Abbiamo attraversato posti, dei quali non conoscevo neanche il nome e, sfidando il riottoso navigatore, che la voce femminile non rendeva comunque persuasivo, abbiamo visto la Chiesa di legno di Heddal, la più grande di tutta la Norvegia, risalente ai primi del XIII secolo. Entrare in queste chiese offre una sensazione incredibile: ci si sente paracadutati, attraverso un film di Bergman, indietro nei secoli. Un odore forte di legno antico, anche gli arredi sacri in legno. Il senso del mistero, il senso del peccato, il senso della grazia. Nel cimitero di fronte la storia di una comunità. Anche la bigliettaia, deliziosa bambolina norvegese in costume tipico, sembra venire da un altro tempo.
Il Telemark offre spaccati paesaggistici unici, fondati sull’acqua. Pioggia, laghi, cascate ad arrivare ai fiordi. Le strade, spesso a una corsia, attraversano luoghi che sono a tre ore di volo da Roma, ma in verità lontani, incommensurabilmente distanti.
Per arrivare a Stavanger dal Telemark si passa sulla Luna. È un paesaggio lunare quello che abbiamo attraversato con destinazione Lysebotn.

Ammetto la mia ignoranza: non avevo mai sentito parlare di lei, ora ne sono innamorato. Stavanger, antica città portuale norvegese mi ha conquistato con le sue casette di legno bianche, i suoi vicoli da città di mare, la sua inconfondibile luce, la sua gente simpatica e accogliente. C’era la festa del mangiare e bere bene e io e mia moglie le abbiamo fatto onore. Stand gastronomici, tipo le vecchie italianissime feste dell’Unità dove la gente mangiava (un po’), beveva (molto) e cantava. Non conoscendo i testi e non potendo intonare le simpatiche canzoni popolari norvegesi, io e mia moglie siamo andati con un bicchiere di birra in mano a girare per strada rischiando l’arresto da parte delle solerti forze di polizia scandinave.
Da Stavanger il traghetto per Tau, da lì verso il mitico Preikenstolen, il “pulpito” di roccia. Oltre 600 metri a picco sul mare, uno spettacolo grandioso e unico, raggiungibile dopo due ore di camminata. In quelle due ore le condizioni climatiche saranno cambiate una quindicina di volte: le foto scattate durante l’ascesa, sembrano fatte in giorni, se non mesi, diversi. Pioggia, sole, vento e ovviamente, una volta arrivati sul pulpito, nebbia! Grazie al provvidenziale diradarsi delle nubi abbiamo avuto la possibilità di ammirare uno spettacolo unico, da sindrome di Stendhal, che nessuna foto, nessun racconto potrà mai esplicitare, anche perché forse va goduto dopo quelle due ore di duro e bagnato cammino.
Da Stavanger siamo partiti il mattino successivo vagando per due giorni tra fiordi e paesaggi meravigliosi. Abbiamo incontrato persino i troll a Kinsarvik, dove c’è tra l’altro la più antica Chiesa in pietra della Norvegia. Angoli incantati, incastonati tra le rocce e affacciati sul mare, dove spesso, si può avvertire lo scrosciare delle cascate e girandosi si può ammirare questo spettacolo della natura.
Dopo aver dormito a Sogndal (nomen omen), diritti verso Bergen, finendo di vedere i bellissimi fiordi e lo spettacolo naturale che caratterizza quella parte di Norvegia.
Bergen è patrimonio dell’umanità: il porto vecchio è così bello da sembrare finto. Un immenso mercato del pesce e casette colorate in legno. Bergen in fondo l’abbiamo rovinata noi visitatori. Una città dove la parte storica (Bryggen) è stata ripristinata e sviluppata su misura per i turisti: comodi da albergo (noi), camperisti, crocieristi. Una bellezza mordi e fuggi, un po’ troppo ammiccante, con troppi troll, troppi maglioni norvegesi, un mercato dove non si vende più il pesce ma è diventato un immenso ristorante. Noi un po' in disparte da tanta bellezza e troppi turisti ci siamo persi nella notte mai buia tra i vicoli del Bryggen, l'ultima sera in Norvegia.
(-viaggi.corriere.it-)