
La superficie 4114 chilometri quadrati (più o meno come il Molise) occupata da Dubai, uno dei sette Emirati Arabi, non è fatta solo di isolotti artificiali in vendita o della spettacolare vela-hotel in mezzo al mare. Dubai è un parco giochi-miraggio che nasconde molto più di quello che siamo soliti vedere. All’uscita dall’aereoporto i controlli doganali sono ossessivi. Il periodo migliore per visitarla è da ottobre ad aprile. A Dubai è estate tutto l’ anno ma da maggio a settembre la temperatura può raggiungere i 50 gradi.
Una delle tante difficoltà di chi abita a Dubai è ricordare in che stagione accadono gli avvenimenti della propria vita. Qui siamo nel deserto, non esiste vegetazione, l’aria ha un odore diverso. La sabbia arriva sotto le case e talvolta ricopre l’a sfalto. Le poche zone verdi sono pianificate, tenute in grande considerazione e a pagamento. Jumeirah Beach Park e il Mamzar Park all’estremità est della città sono due splendide oasi verdi che incontrano il mare. Artificiali, naturalmente. Ma è proprio questa una delle sfide emozionali a cui ti sottopone la città: provare a uscire dal dualismo naturale/artificiale, scoprendo che esiste tanto altro in mezzo.
Bur Dubai, la zona portuale e commerciale, è ad alta percentuale di

A Dubai è normale rimanere incastrati in uno degli infiniti centri commerciali (quelli più fantascientifici sono Deira City Center, Mall Of Emirates e Ibn Battuta), in preda allo shopenterteinment, grande passatempo locale, posseduti dal desiderio di acquistare oggetti che avresti potuto tranquillamente comprare sotto casa. Ma se si è abili a prendere la città per le redini ci si rende conto che Dubai è in una posizione incredibile, che volge lo sguardo al continente Asiatico e che è possibile viverne le molteplici sfumature. Se ne capisce fino in fondo la forza quando nello stesso giorno si ha la possibilità di confrontarsi con le numerose minoranze che compongono l’Emirato. Sono il 75 per cento e quindi la maggioranza della popolazione. Ci si può trovare di tutto, dall’inglese che non sa chi è Maometto, all’americano che studia per imparare l’arabo che qui non viene mai parlato, dal pakistano che lavora 15 ore al giorno come tassista al filippino che viveva a Roma e che canta in un gruppo hip hop, fino al turkmeno informatico che cerca moglie.
(-redazione - viaggi.repubblica.it-)